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05/02/2011

Ampio risalto su Journal of Clinical Investigation per due studi dell’Istituto di Candiolo

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Due studi dell’ Istituto di Candiolo, che aprono nuovi scenari nella conoscenza delle metastasi e nella lotta al cancro, hanno trovato ampio risalto sull’ ultimo numero della più importante rivista scientifica internazionale per la ricerca clinica, il Journal of Clinical Investigation. Sono una ricerca su un farmaco a bersaglio molecolare, l’ Everolimus, che si sta rivelando utile per curare alcuni tipi di tumori metastatici, e su una molecola, la Semaforina 3E, che si sta dimostrando una“spia” nella diagnosi e nella prognosi dello sviluppo di metastasi nei carcinomi al colon retto e nei melanomi.

La prima ricerca, cui la prestigiosa rivista statunitense dedica anche l’editoriale, è stata condotta dal professor Alberto Bardelli e dalla sua equipe. Vi ha anche collaborato un luminare dell’ oncologia mondiale, il professor Josè Baselga, che gli americani dell’ Università di Harvard hanno “rubato” proprio in queste settimane al Vall d’Hebron University Hospital di Barcellona. Un altro caso di fuga di cervelli dall’ Europa agli Stati Uniti, esattamente il percorso inverso fatto da Bardelli che ai laboratori americani ha preferito il ritorno in patria e l’ Istituto di Candiolo.
Bardelli è al suo secondo successo scientifico in poco più di un anno, essendo stato proprio lui a mettere a punto un test genetico (il test di Kras) che consente di individuare quei malati di tumore al colon ai quali non servono le costosissime cure con anticorpi monoclonali: con due vantaggi, innanzi tutto per i pazienti e poi per la spesa sanitaria, visto che il test, la cui validità è stata riconosciuta a livello mondiale, costa 200 euro e le cure con anticorpi monoclonali tra i 20 e i 30 mila euro.
“Il test di Kras è predittivo negativo – spiega Bardelli – ci dice quale medicina non usare; ora con il nuovo studio stiamo lavorando a un test predittivo positivo, tuttavia ancora da validare, che potrebbe indicare a quali pazienti sarà di giovamento quella determinata medicina”. La battaglia contro il cancro passa infatti sempre più dalle cure personalizzate: ‘’Che vuol dire dare il farmaco giusto al malato che ne ha un beneficio sulla base delle lesioni molecolari del suo tumore. Un risultato che si ottiene ricostruendo i profili molecolari dei pazienti. Infatti in futuro non si distingueranno più i tumori per sede d’ organo, ad esempio al colon, alla mammella, al rene, ma per profilo molecolare, cioè per mutazione genetica”.

Con una procedura innovativa sviluppata tutta all’ interno del Centro di Candiolo, Bardelli e la sua equipe hanno ricostruito in vitro una “biblioteca” di profili molecolari corrispondendi a quelli dei pazienti reali e, quindi, effettuato uno screening di farmaci, provando una sessantina di antitumorali a bersaglio molecolare. La dottoressa Di Nicolantonio dell’ equipe di Bardelli ha scoperto che l’ Everolimus – un farmaco finora utilizzato solo nella cura del carcinoma al rene – è efficace sulle cellule del tumore del colon retto che hanno una mutazione dei geni PIK3CA e PTEN. Importanti conferme cliniche sono venute dalla collaborazione col professor Baselga, che in quel periodo lavorava ancora presso l’ ospedale di Barcellona e aveva in corso una sperimentazione con l’ Everolimus su 43 pazienti affetti da vari tipi di tumore: “Abbiamo deciso di scambiarci i rispettivi risultati e sono arrivate le risposte che cercavamo. Ora sempre con il Vall d’ Hebron allargheremo la sperimentazione a una platea più ampia di ammalati per avere le conferme definitive a un lavoro che abbiamo iniziato nel 2008”. Seguendo la stessa intuizione, si sta verificando il comportamento antitumorale di altri tre farmaci sperimentali.

La ricerca sulla Semaforina 3E affronta un argomento di grande preoccupazione per i malati di tumore, quello della comparsa delle metastasi. Ne aumenta la comprensione sui meccanismi di sviluppo, un fenomeno che è molto complesso. Da una decina di anni a Candiolo si studiano le Semaforine, una grande famiglia di molecole segnale, che guidano la migrazione delle cellule. Più recentemente si è scoperto che anche le tumorali producono molteplici semaforine, che si pensa possano svolgere una funzione regolatoria nello sviluppo dei tumori e nelle metastasi. Ora si è scoperto che quando una di queste molecole, la Semaforina 3E, è particolarmente abbondante nei tumori questi sono più invasivi e formano metastasi. Passando dai campioni in vitro ai tumori umani attraverso la collaborazione con gruppi di ricerca stranieri, i ricercatori di Candiolo hanno scoperto che i livelli di Semaforina 3E possono rappresentare un indicatore del rischio di comparsa delle metastasi nei melanomi e nei carcinomi al colon retto. E’ stato proprio un giovane ricercatore di Candiolo, Andrea Casazza, torinese, che opera nella Divisione di Biologia cellulare sotto la supervisione del professor Luca Tamagnone, a verificare che quando la sintesi di Semaforina 3E viene bloccata la formazione delle metastasi è molto ridotta. Ma non solo, è stato anche scoperto il meccanismo attraverso cui la Semaforina 3E promuove la formazione delle metastasi, chiamando in causa alcune proteine segnalatrici contro le quali sono già disponibili farmaci innovativi. A Candiolo si sta ora lavorando a un passo avanti importante per gli ammalati, quello di creare molecole utili a interferire sui meccanismi di azione della Semaforina 3E, impedendole di scatenare le metastasi.