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28/05/2019

Nessi Familiari. Come nascono le idee? E che cosa spinge una Fondazione come la nostra a condividere un progetto fotografico?

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In questo caso nasce dal mestiere di Daniele Ratti, fare fotografia, che nelle innumerevoli serie di ritratti si è perso nel significato profondo del ritrarre….specchiarsi, cercarsi, donarsi, ritrovarsi. È nato così “Nessi Familiari” per fotografare genitori e figli con la novità che sarà fatta al figlio una foto sia con il suo abito sia con l’abito del genitore e viceversa. Il genitore e il figlio che desiderano farsi fotografare, otterranno una composizione fotografica di quattro scatti consapevoli che una parte significativa del ricavato sarà devoluto alla nostra Fondazione, a favore dell’Istituto di Candiolo. La nostra Fondazione ha infatti riconosciuto in questo progetto il senso del passaggio che avviene tra padre e figlio non solamente nello scambio degli abiti ma proprio nel passaggio dei valori, dell’impegno. Un nesso familiare destinato a tramandare l’importanza di sostenere la ricerca. Indossare il vestito del padre o della madre ha un significato complesso che va oltre al gioco del ruolo per mutarsi in un abito morale, di impegno, di convinzione in un progetto più ampio come quello della ricerca sul cancro. L’Istituto di Candiolo è una storia di continuità nella convinzione della ricerca, dell’impegno. Il desiderio della nostra Fondazione è quello di parlare a nuovi sostenitori, che possano capire, possano trovare il nesso, il legame a noi per arrivare a condividere con un impegno continuo, nuovo, rinnovato, rigenerato.
Il Nesso di una Famiglia allargata di giovani e adulti convinti magari inizialmente anche da una semplice fotografia. È in questo modo che anche ArtPhotò partecipa con testi e organizzazione convinta com’è da sempre che la fotografia ha questo benefica capacità di far riflettere, di porgere con umiltà l’intenzione di sviluppare legami, di condividere per lasciare una traccia.
Testo Tiziana Bonomo
“Nessi Familiari. Continuare a cercarsi dentro e fuori a quel vestito a quell’anima che sembra appartenere anche a qualcun altro. A quell’altro che di fronte ti scruta sempre per capire chi sei, cosa fai, perché lo fai. Ti ritrovi forse nel figlio che hai di fronte. Il punto però è diverso. La focale si allarga cercando da entrambe le parti di capire quanto dare all’altro. L’inizio è un vestito. Prendilo, indossalo. Come se quell’abito portasse dentro i battiti del cuore, i pensieri più nascosti, i segreti più temuti. Copio la tua posa, per un attimo divento te. Come se già non lo fossi. Sembra così impossibile assomigliarsi? Inconsciamente i figli assorbono dai genitori molto più di quanto vorrebbero non avvenisse. La luce che contorna quell’insondabile entità è lì su una fotografia a dare forma all’inconscio. Lo scambio degli abiti lo propone Daniele Ratti ed è uno scambio convincente che dietro al gioco nasconde verità più sottili. Il genitore veste l’abito del figlio per capire, cercare di sentirlo sulla pelle. Un vestito rilascia certezze su chi sei, come sei. Il pizzo della vanità, la tee-shirt della spensieratezza, la cravatta della formalità, la giacca della semplicità, lo spacco del piacere. I ruoli che sembrano invertirsi rimangono lì ognuno al loro posto. Il gioco restituisce ordine entrando nell’imprendibile essere dell’altro. La fotografia aiuta come uno specchio nell’indagine fascinosa, rischiosa eppur sempre divertente di conquistare un pezzo dell’altro. Ti ho preso per la cravatta, per la gonna….ti ho ritrovato, ho ritrovato te e me nello stesso tempo. Un tempo fugace tanto quanto quello dello scatto. Basta è sufficiente a lasciare ai nessi familiari l’impronta di quel momento fissato sull’immagine fotografica che nel tempo diventerà memoria. Di te, di me, di noi.”

Vi aspettiamo: 28 maggio 2019 presso Spacenomore con Daniele Ratti_fotografo, Tiziana Bonomo_ArtPhotò e la nostra Fondazione.