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21/01/2019

Una ricerca dell’Istituto di Candiolo pubblicata su Lancet Oncology, la più importante rivista del settore: “Farmaci sempre più efficaci e meno tossici”.

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“Aver reso operativo il trasferimento dal laboratorio al letto del malato disegnando e testando in modo razionale una combinazione di farmaci per renderli più attivi”.

E’ questo il commento di Benjamin Mavev del Memorial Sloan Kattering e di William Tap della Cornell University di New York al recente lavoro pubblicato dai medici di Candiolo su Lancet Oncology, la più importante rivista di Oncologia Clinica.

Tutto inizia alcuni anni fa nell’ambito del team multidisciplinare che segue i pazienti con sarcomi. I sarcomi sono malattie rare e molto complesse. Uno dei farmaci più attivi contro queste neoplasie è un chemioterapico di ultima generazione, la Trabectidina, che si lega al DNA tumorale rompendo la doppia elica e quindi inducendo la morte cellulare. Purtroppo le cellule tumorali spesso attivano meccanismi di difesa riparando almeno parzialmente il danno indotto dal farmaco e rendendo meno efficace la sua azione.

Pertanto molecole in grado di bloccare i meccanismi di riparo del DNA sarebbero l’ottimale associazione. Questa classe di molecole (PARP inibitori) è stata sviluppata recentemente pensando

alle malattie tumorali su base ereditaria, in particolare neoplasie della mammella e dell’ovaio legate a mutazioni dei geni BRCA1 e BRCA2. Con queste conoscenze era possibile ipotizzare un sinergismo d’azione fra Trabectidina che rompe il DNA tumorale e Olaparib che blocca i meccanismi di riparo.

La prima tappa è stata quella di testare in modelli preclinici di tumore l’ipotesi: nei nostri laboratori abbiamo dimostrato che in effetti vi era un’azione sinergica antitumorale quando le due molecole venivano combinate.

Tuttavia, passare dal laboratorio alla clinica non è semplice. Il primo scoglio è la tossicità: se è vero che la combinazione di questi due farmaci ha un potente effetto antitumorale in modelli preclinici nulla sappiamo di quello che può avvenire nell’uomo.

Se la tossicità per le cellule normali aumenta in modo simile a quanto si vede sui tumori, il vantaggio terapeutico e quindi il beneficio clinico sono modesti o addirittura vi può essere un effetto detrimentale.

Questa evenienza è tutt’altro che rara e per questa ragione il passaggio dalla fase preclinica a quella clinica attraverso protocolli di fase 1 è regolamentata da una legislazione molto severa che richiede competenze e strutture specifiche. Questo garantisce il paziente qualora si evidenzino tossicità inattese.

In breve, ottenute le autorizzazioni siamo partiti con lo studio clinico somministrando i due farmaci a dosi crescenti monitorando la tossicità con estrema attenzione e studiando in laboratorio la distribuzione dei farmaci nei vari tessuti normali e patologici.

Dopo avere trattato circa 50 pazienti abbiamo individuato la combinazione ottimale di questi due farmaci in modo da ottenere dosaggi potenzialmente attivi contro il tumore con una tossicità più che accettabile per il paziente.

Negli studi di fase 1 vengono trattati pazienti con storie cliniche molto differenti per cui non si può definire con chiarezza come il trattamento influisca sulla storia naturale della malattia. Tuttavia, da quanto osservato in singoli pazienti possiamo dire che vi sono segnali estremamente incoraggianti di una attività clinica significativa. Questo ha giustificato la messa a punto di protocolli su più ampia scala con popolazioni omogenee di pazienti si tratta degli studi di fase 2 in cui verrà definito, con rigore statistico, il potenziale terapeutico nelle singole patologie.

Nell’ambito dell’Italian Sarcoma Group coordiniamo quindi un ampio studio su pazienti affetti da sarcomi delle parti molli cui partecipano i principali Centri Oncologici italiani che si occupano di questa rara patologia. Inoltre l’eccellente profilo di tossicità che abbiamo evidenziato consente di disegnare studi clinici anche in altre patologie in cui questa combinazione di farmaci può essere utile. È il caso dei tumori dell’ovaio. Abbiamo disegnato e coordiniamo uno Studio di Fase II esteso a livello nazionale con il gruppo cooperativo MITO che valuterà se questa nuova combinazione è capace di controllare la malattia quando le tradizionali terapie a base di Platino falliscono.

In conclusione la stretta collaborazione fra clinica e laboratorio ha permesso di mettere a punto un protocollo innovativo che speriamo consenta di migliorare le aspettative terapeutiche di una categoria di pazienti nei quali i risultati sono ancora insoddisfacenti.

Massimo Aglietta (Direttore Dipartimento Area Medica) e Giovanni Grignani (Responsabile Unità Sarcomi) IRCCS di Candiolo