Perché abbiamo deciso che da adesso “Sul Tumore Facciamo Rumore” tutti insieme?
Perché dobbiamo conoscerlo sempre meglio per riuscire a prevenirlo e a curarlo.
In questa prima puntata “facciamo rumore” sul tumore al colon-retto, che nel 2022 ha registrato più di 48mila casi in Italia.
Lo facciamo insieme alla nostra madrina Cristina Chiabotto e il Professor Livio Trusolino, Direttore del Laboratorio di Oncologia Traslazionale dell’Istituto di Candiolo – IRCCS.
Leggi qui l’intervista completa:
Cristina Chiabotto: Ciao a tutti, benvenuti alla nostra rubrica “Sul Tumore Facciamo Rumore” qui dall’Istituto di Candiolo – IRCCS. In questa prima puntata parleremo del tumore al colon-retto con il Professore Livio Trusolino, della Facoltà di Medicina di Torino e coordinatore di un gruppo di ricercatori dell’Istituto. Buongiorno Professore, quali sono i soggetti più a rischio?
Dottor Livio Trusolino: Alcuni tumori del colon hanno una familiarità, cioè tendono a svilupparsi con maggiore frequenza in famiglie, per cui chi ha fratelli, genitori, nonni con un tumore del colon deve sottoporsi ai controlli di prevenzione in maniera più attenta e frequente. In generale, il mio consiglio è quello di fare una vita sana e di evitare un’assunzione eccessiva di carni rosse che rappresentano un fattore di rischio.
Cristina Chiabotto: Professore, tanti nostri sostenitori ci chiedono cosa significa il termine “ereditario”.
Dottor Trusolino: I tumori familiari di cui parlavo prima sono tumori ereditari, nel senso che alcune mutazioni in geni che predispongono lo sviluppo del tumore vengono trasmesse dal genitore al figlio. Si tratta di mutazioni che non comportano l’inevitabilità dello sviluppo della patologia, quindi le persone con queste mutazioni devono semplicemente, come dicevo prima, fare dei controlli attenti, vivendo una vita serena e sapendo che il personale medico in qualche modo li ha attenzionati.
Cristina Chiabotto: Un’altra domanda ricorrente è se questo tumore si può prevenire.
Dottor Trusolino: Il tumore del colon-retto è una patologia che si può prevenire con la diagnosi precoce. La Regione Piemonte manda a tutti i cittadini, tra i 58 e i 69 anni di età, un invito a sottoporsi ad una sigmoidoscopia, che è una endoscopia del tratto distale dell’intestino. Se l’endoscopia è pulita, la persona può restare tranquilla. Se viene riscontrato invece un piccolo polipo che è una lesione precancerosa benigna, viene rimossa durante l’esame e quindi poi ci si può dimenticare del problema. Se ci sono problemi più gravi si interviene con un intervento chirurgico, ma il modo migliore per eliminare la malattia alla radice può essere o tramite la rimozione del polipo benigno o tramite la rimozione chirurgica di un eventuale tumore. Quindi invito tutti i cittadini a sottoporsi alla sigmoidoscopia nel momento in cui si riceve l’invito dalla Regione Piemonte.
Cristina Chiabotto: Professore, si può guarire da questo tumore e quali sono le cure oggi?
Dottor Trusolino: Dal tumore del colo-retto si guarisce completamente nel momento in cui il tumore viene diagnosticato e rimosso nelle fasi iniziali. Da qui l’importanza della prevenzione della diagnosi precoce. Si guarisce anche quando il tumore del colon inizia a infiltrare parzialmente la parete dell’intestino, perché dopo l’operazione chirurgica si fa una chemioterapia che sterilizza eventuali piccoli focolai di cellule che possono essere andate in giro. Il problema diventa più complicato quando il tumore è avanzato e quando diventa metastatico. In questo caso il nostro obiettivo, ed è il mio argomento di ricerca, è quello di cronicizzare la malattia, ovvero che non si guarisce, ma si convive con la malattia per tanto tempo e con un’ottima qualità della vita.
Cristina Chiabotto: Per i tumori del colon-retto avanzati esistono delle cure innovative?
Dottor Trusolino: Sì, è quello che dicevo prima: nei tumori del colon avanzati con metastasi la probabilità di guarigione è molto bassa, ma la possibilità di cronicizzazione è molto alta. Tipicamente quello che si fa è fare qualche ciclo iniziale di chemioterapia convenzionale. Prima o poi il paziente diventa resistente e a questo punto ci sono le terapie di ultima generazione che di solito non sono date indiscriminatamente a tutti, ma sulla base delle caratteristiche molecolari del tumore.
Faccio un esempio: l’8 per 100 dei pazienti con tumore del colon metastatico hanno mutazioni in un gene che si chiama RAF e in questi pazienti con mutazioni di RAF si fa una tripla terapia con tre farmaci di ultima generazione che controllano la malattia molto bene e si va avanti così, ciclo dopo ciclo, linea dopo linea.
Cristina Chiabotto: Professor Trusolino, l’ultima domanda gliela faccio direttamente io, a nome di tutte le persone che ci seguono: i ricercatori dell’Istituto di Candiolo – IRCCS che cosa hanno scoperto finora su questo tumore?
Dottor Trusolino: Mi fa molto piacere rispondere a questa domanda perché è il mio campo di ricerca. Noi ci occupiamo principalmente di due percorsi di studi: il primo si basa sull’aumento della profondità della risposta alle terapie oggi in uso, in tutti quei pazienti in cui la terapia funziona così così; il secondo invece si pone come obiettivo finale sul miglioramento della risposta, per poi identificare nuovi bersagli e quindi nuovi farmaci contro questi bersagli.
Negli ultimi anni abbiamo identificato una popolazione di pazienti, cioè circa il 10-15% dei pazienti con tumori del colon metastatico che hanno un’alterazione in un gene che si chiama HER2. Abbiamo trovato la terapia giusta, e queste persone hanno vissuto molto di più di quello che sarebbe successo se non l’avessimo trovata, e al di là di ogni enfasi, al di là del successo professionale delle pubblicazioni, è stata emotivamente una soddisfazione davvero enorme.